C’era curiosità di vedere per la prima volta in questo campionato il Genoa di Gilardino fronteggiare un avversario sulla carta meno forte, e c’é un monito che invita a lasciare tali le curiosità, a non soddisfarle mai.
In realtà la versione del Grifone al Via del Mare di Lecce non é poi così deludente, conferma la solidità della retroguardia al netto delle tante conclusioni spedite a lato di un soffio dai salentini e dei due eccessivamente virulenti falli di Martin che in 36′ di gioco che costringono i rossoblù all’inferiorità numerica. Pecca tuttavia e non venialmente sul versante su cui era più atteso: la manovra offensiva non decolla, e potrebbe non essere un paradosso che a ora i migliori sprazzo di gioco sono sfociati nella prima mezz’ora contro la Lazio e contro il Napoli, compagini proiettate a costruire in avanti e a lasciare più spazi alle loro spalle.
Forse Gilardino ha inteso affrontare il Lecce come l’avversario che la classifica, sicuramente fugace e parzialmente mendace, suggerirebbe, un quarto posto sfidato a domicilio, e quindi con tutte le dovute cautele. Del resto in ogni caso rimaneva uno scontro salvezza in cui la priorità era non perdere, e quella al contrario della curiosità sarebbe stata da soddisfare. Una potente sventagliata di Oudin al 85′ peró, deviata in modo determinante da Frendrup, impedisce di rimediare un pareggio che sarebbe stato meritato per impegno e concentrazione, ma non per resa.

Forse fiutando i pericoli nemmeno tanto celati, il tecnico di Biella schiera i suoi ragazzi con lo stesso modulo che stava per prendersi la pelle del Ciuccio Campione d’Italia, confermandone gli interpreti, un misto tra un 4-4-2 e un 3-5-2, con Sabelli e De Winter a formare la catena di destra, Martin e Frendrup dall’altra parte col danese pronto ad accentrarsi all’occorrenza, Badelj e Strootman in mezzo, Bani e Dragusin davanti a Martinez, Guðmundsson e Retegui dall’altra parte.
L’ex Samp D’Aversa si affida a Strefezza per sostituire l’assente Banda, e a Touba al posto dello squalificato Baschirotto. 4-3-3 canonico, bomber Krstovic in avanti, e sulla fascia Almqvist, duello scandinavo con Albert, entrambi consacrati tra i migliori dribblatori di questo principio di stagione.
Non sembrano soffrire le pesanti assenze i padroni di casa: il loro ritmo e pressing asfissiano le maglie bianche con la banda rossoblù sul petto, impedendo di ragionare, con De Winter e Martin continuamente angustiati l’uno da Strefezza e l’altro da Almqvist, le ali nemiche. Frizzanti e sguscianti i pugliesi si infiltrato tra le linee, conquistano il pallone e come hanno un fazzoletto di spazio imbastiscono l’azione, ma non sono altrettanto bravi nel rrifinirla. Così al 7′ e al 9′ prima De Winter e poi Martin rimediano dei gialli precoci e pesanti, Strefezza ha una punizione dal limite ma calcia alto, mentre appena un minuto dopo serve bene Krstovic che strozza da limite. Il 23nne montenegrino ci prova anche al 22′ e al 23′, prima di testa su cross di Gallo, bravo a sfruttare la cooperazione con Strefezza sulla sinistra, e poi soprattutto con un guizzo ancora dal limite a lato di poco.
Con fatica il Genoa riesce a liberarsi della forsennata marcatura a uomo e guadagna qualche metro, così c’é spazio poco dopo la mezz’ora per la verticalizzazione per Guðmundsson che calcia di potenza: una deviazione in scivolata di Touba salva i salentini. Poco prima con più convinzione che precisione Sabelli e Martin avevano provato a cercare Retegui a suon di cross, e la sensazione é che l’espulsione di Martin sia arrivata nel miglior momento del Vecchio Balordo, per quanto si trattasse di una fiammata flebile tutta da alimentare.
Lo spagnolo, che era stato giudicato forse troppo severamente in occasione del primo cartellino, molla un pestone in tackle ad Almqvist con eccessiva durezza, e rimedia la seconda ammonizione e l’espulsione. Dalla punizione che ne consegue sulla trequarti lo scatenato Krstovic ha una buona possibilità di testa, ma manda a lato di pochissimo. Gilardino non fa cambi, si riadatta su un 4-3-1-1, e senza boccheggiare troppo assieme ai suoi torna negli spogliatoi sullo zero a zero. Se ne esce senza l’ammonito De Winter e con Vasquez al suo posto sulla destra.
La ripresa si apre con quella che ne diventa una caratteristica peculiare: i tiri dal limite del Lecce che vanno a lato di poco. Una tradizione che in ottica genoana viene purtroppo sciupata proprio nel finale con l’unico che con un minimo di fortuna centra lo specchio. Ma prima dello scioglimento con Oudin ex Machina, ci sono tante sofferenze inutili, con lo O Zêna bravo a chiudersi per non concedere perlomeno occasioni ravvicinate. Al 48′ ci prova dunque Rafia, al 52′ lo scatenato Almqvist al volo, poi Vasquez si dimostra un grande innesto togliendo allo svedese il pallone proprio quando sembrava tutto approntato per un tiro finalmente da dentro l’area, dove era stato servito sulla destra, quindi ancora la bionda ala al 65′ e al 66′. Un tourbillon interrotto solo da un paio di break genoani e da un’unica occasione dal centro dell’area, una rovesciata di Krstovic, spettacolare dopo un rimpallo fortunato, anch’essa a lato di poco.
Dopo tante scintille che sprizzano poco più che fumo, il Grifo si ritrova a respirare e addirittura prova a spingere un poco il becco in avanti, come con una volata di Guðmundsson che per 50 metri è irraggiungibile, prima di finire murato da un muro di maglie giallorosse a strisce e dover forzare la battuta a rete da un angolo improbabile.
Proprio quando sembra che nonostante tutto potrebbe sfangarla e riprendersi così il punto perso a Torino, Rèmi Oudin al 83‘, il numero 10 dei padroni di casa, trova da fuori area il tiro da tre punti, la poderosa intuizione per cui non era necessario l’uomo in più, e che spezza la resistenza di chi ha dovuto far fronte a quello in meno: si sposta il pallone sul sinistro, calcia di potenza, e trova il petto di Frendrup, che la devia quel poco che basta da infilarsi nell’angolino imparabile per Martinez.
Il Genoa ci prova con la forza della disperazione, ricorrendo a Malinovsky, immesso subito dopo lo svantaggio, e a Ekuban, entrato al 75′ per un esausto e mal sfruttato Retegui, ma una punizione dell’ucraino finisce alta, mentre su cross ancora dell’ex Atalanta l’italo-ghanese da posizione defilata ma vicina, girandosi di testa non riesce a inquadrare. Così il Genoa è costretto a inchinare il capo al Lupo del Salento, che si rintana col secondo posto in classifica dopo 5 giornate.
Federico Burlando