Il Grifo ha ormai capito come stringere i denti nelle difficoltà e gli artigli nelle opportunità. Il Cosenza due settimane fa al Ferraris, quando gli è stato servito un amaro poker, era sembrato un degno ultimo posto per la serie cadetta un po’indegno del loro calorosissimo pubblico, e oggi ha battuto il Frosinone primo con ampio merito nonostante il gol arrivato solo al 95’. Il Genoa all’andata dal Brescia si era fatto recuperare al 94’, inaugurando il disastroso ciclo finale di Blessin. Insomma, quando si guarda la Serie B, non bisogna vedere la classifica per farsi un’idea di come sarà la partita, ma all’astuzia degli allenatori coinvolti e alla fame di risultato. Non bisogna perciò crucciarsi troppo per la difficoltà incontrata dal Vecchio Balordo per sbloccarlo, ormai tanto endemica da essersi allargata a ogni giornata del calendario. Se sarà Serie A, quest’ultima gara verrà ricordata come una delle più difficili nonostante il risultato largo, e non tanto per i residui demeriti a cui Gilardino non è ancora riuscito a trovare una soluzione al netto di tutti i progressi, ma perché i locali si sono dimostrati tra i più ostinati e capaci a trincerarsi a difesa della loro porta.
Primo tempo bloccato sino al 45′, ma non oltre
Il tecnico di Biella conferma in sostanza il 3-5-2 delle ultime ottime uscite ma un acciacco di Pușcaș nel riscaldamento impone un cambio dell’ultimissimo momento, dentro Salcedo al posto del rumeno, mentre l’ex Jagiello viene preferito a Sturaro nella mediana coi raffinati veterani Badelj e Strootman. Seconda punta di fantasia sempre Albert Guðmundsson, davanti a Martinez Dragusin, Bani e Vogliacco, sulle fasce Haps a sinistra e l’altro ex Sabelli a destra.

Chiusissimo il 4-2-3-1 dell’ex Sampdoria Gastaldello, da poco iniziato al mondo delle panchine dal più ostico dei patron, il mangia allenatori Cellino, e da pochissimo presidente onorario del neonato Luca Vialli e Bobby Gol Club.
Lo schieramento a istrice delle Rondinelle è la chiave della prima frazione. I trequartisti Ndoj, Galazzi e Rodriguez così come l’unica punta Ayè sono costretti a un pressing aggressivo e asfissiante, per cui la miglior difesa è l’attacco e solo dopo lente, meditabonde e desolanti operazioni i rossoblù del Gila, in realtà per l’occasione agghindati con l’iconoclasta terza maglia grigia dai tenui riflessi rubino, riescono a spostare in avanti il pallone. Lì però arrivano poco lucidi di fronte alla seconda e terza muraglia eretta per limitarne le scorribande e lo spettacolo ristagna al limite dell’area lombarda, dove nessuno spunto riesce a trovare sufficiente spazio per trasformarsi in una felice ispirazione.

Il Genoa è costretto a frequenti retropassaggi al portiere nella propria metà campo, arrivando in un paio di occasioni anche a rischiare di perdere un pallone che avrebbe potuto essere ferale. A parte il pressing tignoso i biancoblu però rinunciano a qualsiasi velleità offensiva, persino in contropiede. Fa eccezione una conclusione da fuori al 9’ centralissima ma assai potente di Van Der Loi, Martinez è bravissimo a trattenere.
Ne esce una partita nervosetta, bruttina, e a troppo ampi tratti persino soporifera. Nella piattezza generale però almeno i Gila Boys hanno quella punta di arguzia in più che mancava sotto la gestione Blessin e che gli porta a cercare più spesso e con più convinzione il gol del primo vantaggio, anche stavolta sudarsi sette camicie, con il tiro da fuori, con lo schema da piazzato, con la palla sporca. Sembra poco proficuo allo scopo Salcedo: non ha il physique du rôle di Coda e Pușcaș che gli renda facile sgomitare tra terzini un po’ granatieri e un po’ sanguigni mestieranti, e sembra più difficile trovare il gol di prepotenza, ma ha altre qualità. Il tempo gli si rivelerà più galantuomo di quando non possano permettersi di fare i suoi marcatori.
Al 14’ il Genoa ci prova quindi su piazzato, da poco rivelatisi arma letale dopo che in precedenza era considerato uno dei punti deboli della squadra: su una punizione dalla destra stacca Salcedo di testa, la palla attraversa l’area e rimbalza verso Vogliacco che rimette dentro per Ban, insidiosissimo un po’ di tacco e un po’ di punta, un’eleganza senza creanza che va a un passo dal beffare il portiere Andrenacci, bravo a trattenere.
Al 21’ Guðmundsson che anche nelle giornate apparentemente più storte ha qualche guizzo dribbla di corsa per vie centrali e calciando manda a lato di poco, anche se forse avrebbe potuto aprire sulla destra. Ci provano anche Jagiello e Badelj con dei tiri da fuori e poi Dragusin s’infila al 38’ in acrobazia su un altro piazzato, alto di poco e qualche vago dubbio su un tocco di un difensore sul suo piede, ma non sembrano esserci gli estremi per un rigore.
Al 45’ esatto l’arbitro annuncia un giusto minuto di recupero col Genoa che deve battere una rimessa in zona d’attacco, Guðmundsson spalle all’area s’inventa un cross in un fazzoletto di terra, sembra più pericoloso di quanto probabilmente non sarebbe stato se Andrenacci non fosse uscito male e avesse smanacciato peggio. Salcedo in mezzo a 3 difensori del Brescia trova lo spazio per concludere a porta vuota in mezza acrobazia. C’è ancora tempo per una rabbiosa e veloce reazione che porta a un tiro alto dal limite di Ndoj, poi si va negli spogliatoi.


Forse il Grifo che ne esce per la ripresa è persino meno brillante di quello stoppaccioso intravisto nella prima frazione, un po’ troppo ottuso nel chiudere esso stesso gli spazi, ma è doveroso ammettere che ci riesce abbastanza bene, anche se il Brescia procura qualche insidia.
In primis al 50’ Ndoj lancia Bisoli che immette un cross basso, teso e velocissimo per Rodriguez, ma Dragusin irrompe come un treno e spezza la trama. Poco dopo Haps respinge un corner sui piedi ancora di Ndoj che calcia dal limite e manda a lato non di molto.
Travolgente finale in contropiede con Guðmundsson ed Ekuban
Le Rondinelle non arrivano più a impensierire il Grifone nonostante provino a schiacciarlo con la forza dell’inerzia, Gila fa i cambi necessari per portare a casa la vittoria con agio: al 66’ dentro Ekuban, Frendrup e Sturaro, fuori Salcedo, Strootman e Jagiello.
Il cambio si rivela subito proficuo: già Badelj non era stranamente riuscito a servire al meglio Albert su un contropiede per chiuderla, ma al 70’ è proprio Sturaro a recuperare un pallone e servire l’altro subentrato Ekuban, lancio perfetto in diagonale per l’Islandese che con freddezza glaciale infila il raddoppio. Partita finita.


Preoccupa Ekuban a terra dopo un contrasto, ma l’italo-ghanese si riprende e testimonia quanto possa essere devastante, soprattutto nella serie cadetta e in contropiede: al 91’ penetra in area in due falcate e serve Guðmundsson per il 3-0. Persino il lampo al 75’ di Ndoj con un bel tiro a spiovere da fuori non rovina quella che dopo il raddoppio da difficile marcia era diventata una scampagnata rossoblù, perché permette di mettere in mostra i riflessi di Martinez, bravo a salvare in angolo.

Il Genoa ha ormai capito come prendere le misure alla Serie B e ora è questa categoria che sembra troppo piccola per contenerlo. Non resta che dispiegare le ali una volta per tutte verso nuovi lidi, con gli artigli pronti a ghermire ogni opportunità che si presti all’orizzonte.
Federico Burlando