Il Genoa avverte sul collo il fiato del Bari e del sempre più sorprendente Sudtirol, ma non si lascia condizionare dai loro exploit. “Dobbiamo guardare esclusivamente al nostro cammino” – ha chiosato il difensore Vogliacco nella sala stampa della Sardinia Arena, e si tratta di parole d’oro. Sì perché i rossoblù hanno un pregio che le concorrenti non riescono a fare loro: la regolarità. Se escludiamo la pagina nera di Parma, la banda del Gila prosegue da mesi secondo un andamento lineare, fissando precisi obiettivi di giornata e centrandoli.
A Cagliari era soprattutto fondamentale non perdere: sia per le ambizioni dei sardi dell’immarcescibile Ranieri, sia per qualche contingenza non propriamente ideale. L’avventuroso viaggio verso la Sardegna, con partenza (poi rinviata di qualche ora) schedulata la mattina precedente la gara passa in subordine rispetto alle notizie dall’infermeria. Vero che la rosa genoana è la più ricca e ampia della categoria, ma non è un gioco da ragazzi dover sostituire in un sol colpo il bomber principe Coda, il rifinitore titolare Aramu, il pilastro Strootman e qualche rincalzo che sarebbe comunque venuto utile. Poi, a partita in corso, si è registrato il preoccupante infortunio a Bani, colpito duro ad una spalla.

Il pregio del Genoa, compagine matura e pronta ad affrontare qualsiasi tipo di difficoltà, è stato quello di resistere in quei dieci minuti terribili dopo l’intervallo: quanti altri team ci sarebbero riusciti?
In quei momenti concitati si è misurata la saggezza di un giovane allenatore svelto di mente. Con una semplice mossa – il ritorno alla difesa a tre previo arretramento di Criscito e inserimento di Haps sulla fascia sinistra – gli squilibri tattici dovuto all’uscita del vicecapitano sono stati risolti e il Cagliari è tornato a più miti consigli.
I restanti ottanta minuti di match hanno visto un Genoa in assoluto controllo. Nel primo tempo le due sole palle-gol (pur non clamorose) sono state di marca ligure e nell’ultima mezz’ora gli attacchi più insidiosi sono stati portati da Salcedo e Dragus, new entry al posto di Puscas e Gudmundsson, che stavano girando a vuoto. E proprio queste due mosse vanno rubricate come brillanti intuizioni di Gilardino, che aveva compreso la convenienza di attaccare, rispondendo colpo su colpo, piuttosto di restare acquattati in trincea.
Si dirà: il Cagliari, alla fin fine, è parso assai meno insidioso di quanto si temesse. Verissimo, ma vogliamo aggiungere che ciò è dipeso in buonissima parte dall’atteggiamento di Dragusin (un titano), Badelj (maestro nella fase difensiva) e compagni?
Superato indenne l’ostacolo cagliaritano, ora il Grifo è atteso a sfruttare il calendario, che le assegna tre sfide su quattro a Marassi, tutte con avversarie non trascendentali. Rispettare la vecchia ma mai tramontata media inglese significherebbe probabilmente ipotecare il secondo posto finale.
PIERLUIGI GAMBINO