Più sono, meglio è, almeno in teoria. Alludiamo ai soggetti interessati all’acquisto della Samp, ma attenzione: alla fine della favola, non restano che Massimo Zanetti, proprietario della Segafredo e patron della Virtus Bologna di basket (con l’ausilio prezioso di Luca Baraldi, super esperto di vicende calcistiche), e Raffaele Mincione, finanziere soprattutto interessato alle proprietà cinematografiche del Viperetta. Lo sbocco giuridico economico ormai identificato è l’emissione di bond convertibili, pronti verso fine marzo, per salvare il club dal definitivo tracollo, ma sulla formula partecipative occorre fare chiarezza. Intanto l’avvocato Bissocoli, incaricato dalla Camera di Commercio, sta seguendo con competenza la composizione negoziata della crisi, al fine perlomeno di scongiurare la perdita del titolo sportivo: c’è fiducia riguardo all’esito della vicenda, ma di certezza non si può parlare.
A procurare ulteriore allarme provvede l’inchiesta Prisma, secondo filone legato alla Juventus e alle plusvalenze. La Samp ne è coinvolta in specie per l’operazione Audero. I tempi lunghi potrebbero essere un alleato, ma la prospettiva di una penalizzazione agita ulteriormente l’ambiente doriano.
Indirettamente coinvolti in questo quadro tutt’altro che rassicurante, tecnico e giocatori hanno il sacrosanto dovere di non mollare gli ormeggi e di perseguire con ulteriore convinzione l’obiettivo salvezza, che assume un valore non solo sportivo ma anche societario. È indubbio, infatti, che la fosca situazione di classifica possa rappresentare – per le implicazioni legate ad una discesa di categoria – un freno alle ambizioni di qualche potenziale acquirente, sino a vanificare il buon esito di una trattativa.
Dejan Stankovic lunedì sera farà il solito, immancabile pieno di applausi. I tifosi laziali non hanno dimenticato che il serbo in cinque anni e mezzo di fedeltà ai colori biancocelesti ha contribuito a conquistare una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea. Al fischio d’inizio, però, questa manifestazione d’amore si trasformerà in naturale, comprensibile tifo contro. Il mister doriano ne è conscio, anche se si augura, sotto sotto, di ricevere in involontario ma graditissimo aiuto simile a quello ottenuto dall’altra formazione in cui ha militato in Italia: l’Inter.
Che la Lazio sia favorita è indiscutibile, ma non si prospetta una gara a senso unico, una beneficiata dei padroni di casa. La banda di Sarri ha sepolto di gol il Milan ma si è trattato di un’eccezione, poiché di solito fatica a trovare la via del gol e non riesce a guarire dalla dipendenza dalle prodezze del suo capitano, Ciro Immobile. Già, come fermarlo senza… sparargli? Sarebbe importante in primis, impedirgli di agire indisturbato nelle praterie: è un contropiedista più che un uomo da aree di rigore affollate e diventa spesso letale se può agire negli spazi. Ergo, occorre prestargli un occhio anche – anzi, specialmente – quando si è in possesso della sfera nella metà campo rivale.
Per il resto occorrerà un’applicazione non comune, intesa come capacità di correre a perdifiato da un avversario all’altro sena farsi ubriacare dalla ragnatela di passaggi che caratterizzano il gioco sarriano. Una pratica che solitamente riesce per mezza gara, magari un’ora, ma alla lunga, con la stanchezza incombente, potrebbe diventare meno efficace.
La Lazio sta vivendo un momento felicissimo e le fresche prospettive di inserimento in zona Champions ne hanno accresciuto le velleità stagionali. Si sperava nell’impegno supplementare in Europa League, ma il posticipo della sfida di campionato, unito alla modestia disarmante dell’antagonista internazionale, il Cluj, ha stemperato quest’ipotesi. In più, il tecnico fiorentino recupererà Milinkovic Savic, Zaccagni e forse anche Romagnoli, un ex ricordato con stima nel microcosmo blucerchiato.
Se Sarri gongola, mister Deki fa la conta dei disponibili e s’accorge che in taluni reparti non sguazza nell’abbondanza. Partiamo dalla difesa. Gunter, ancora in infermeria è stato raggiunto da Murillo, Sicché al belgradese per completare il trio arretrato resta solo da decidere tra Oikonomou, pronto all’esordio ma pur sempre un’incognita (tenuto conto dalla prolungata assenza dal campo) e Murru, il cui presunto impiego come centrale provoca un’epidemia di orticaria.
Se non altro, sugli esterni si registra una certa abbondanza, e se Augello a sinistra è un intoccabile, a destra Zanoli pare ormai aver messo la freccia rispetto a Leris, un soldatino diligente ma spento e privo di spirito di iniziativa.
Anche in mezzo si registrano incertezze, a cominciare dalla rifinitura. Djuricic, peraltro reduce da una serie di prestazioni non memorabili, è in bacino di carenaggio e Sabiri, sostituto naturale, prosegue nella sua personalissima involuzione e accusa pure qualche acciacco. Così si intravvede la terza alternativa: l’avanzamento di Cuisance, che sulla linea mediana lascerebbe il posto al pugnace Rincon, ben più adatto di lui per certi contesti come partner dell’inamovibile Winks.
Infine l’attacco, condizionato perennemente dalla discontinuità di Gabbiadini – una volta eroe, la volta successiva semplice comparsa – e dall’inconsistenza di Lammers in zona gol. Servirebbero corposità, incisività, concretezza per fulminare una difesa, quella laziale non tra le peggiori ma neppure così impermeabile. Chissà che un raggio di luce non possa giungere dall’impiego di Jesé Rodriguez, teoricamente un rinforzo in grado di cambiare i connotati alla fase offensiva doriana: già, ma qual è l’autonomia atletica del talentuoso spagnolo? La sua prestigiosa carriera è un biglietto da visita, che va accompagnato da una resa accettabile in allenamento.
Stankovic da qualche settimana segue con attenzione e fiducia anche i progressi di De Luca, uscito dal tunnel di un lungo infortunio, e chissà che in corso d’opera non lo schieri confidando nella sua fisicità. Di sicuro, senza moltiplicare la prolificità del reparto offensivo, la risalita in classifica rimarrebbe un’utopia assoluta.
PIERLUIGI GAMBINO