Sono passati trent’anni da quella notizia che arrivò mentre festeggiavamo le
imminenti feste natalizie nella sala stampa del “Ferraris” nel consueto scambio
annuale di auguri: è morto Gianni Brera. Parlare di Gioann fu Carlo (come amava
presentarsi) è come fare un viaggio indietro nel tempo, ritornare ad un calcio
dimenticato, fatto di transistors, mignon di liquore, caffè Borletti , è ritornare alla
domenica mattina quando aspettavi con ansia tuo papà con “Il Giorno” per leggere
la presentazione della giornata di un giornalista, anzi meglio di uno scrittore, che mi
ha fatto amare il calcio per come sapeva sviscerare ogni singolo episodio ed ogni
personaggio legato al mondo di una palla che rotola. Ho avuto la fortuna ed il
privilegio di conoscerlo nella tribuna stampa del vecchio Marassi, lui così legato al
“Vecchio Balordo” ed a chi scrive, allora giovane cronista radiofonico, sembrava
impossibile poter parlare di calcio, anche se per pochi istanti, con un personaggio di
tale spessore, che quel giorno si lamentava della tramontana gelida che scendeva
dal Righi .
“Solo a Mosca e Stoccolma ho sentito freddo come oggi…” diceva…
Era un padano di riva, nato a San Zenone Po, i suoi resoconti, che fossero calcistici,
di ciclismo (suo grande passione) o di altri sport erano veri e propri racconti, infarciti di cultura e storia.
A Brera si devono un’infinità di termini poi entrati a far parte della lingua italiana: centrocampista, cursore, euclideo, goleador, libero, incornare,
melina, atipico, uccellare…..e poi Abatino con cui catalogò Gianni Rivera, elegante
ma fragile, Boninsegna divenne Bonimba, termine nato dalla crasi con il nano
circense Bagonghi, Rombo di Tuono era Gigi Riva, Puliciclone il goleador del Torino
Paolo Pulici, per Lele Oriali, mediano interista, inventò prima Piper e poi Gazzosino
quando iniziò ad invecchiare, senza dimenticare il “Pelasgio” Bruno Conti , così
ribattezzato per i suoi tratti somatici e Stradivialli, associando le prodezze
dell’attaccante doriano al liutaio italiano più famoso, Antonio Stradivari, anche lui
cremonese di nascita.
https://www.repubblica.it/podcast/storie/dimmi-chi-era-gianni-brera/stagione1/
Leggere Gianni Brera era come fare un tuffo in un mondo variegato fatto non solo di sport ma di amici, tavolate, cucina, vino e fumo, con lo sfondo del Po e della Bassa
Padana che era il suo mondo, quello che gli diede i natali; divoravamo i suoi articoli
prima sul Giorno e sul Guerin Sportivo, con la sua attesissima rubrica, l’Arcimatto e
poi su Repubblica, che anche grazie a lui fece uscire il settimo numero il lunedì per il
commento alla domenica calcistica.
“Ti sia lieve la terra” concludeva i suoi coccodrilli quando celebrava la scomparsa di
qualche campione ed è quello che mi sento di digitare concludendo il ricordo di un
fuoriclasse della penna che mi ha fatto amare il calcio ed il ciclismo come pochi altri,
che ci ha lasciati trent’anni orsono ma che, per usare un altro suo neologismo,
rimarrà intramontabile per chi ama lo sport e la vita.
MARCO FERRERA