Blessin: «ll tema è quello che avete visto, non difendere soltanto ma difendere in avanti.»

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Si torna ad applaudire in Gradinata Nord qualcosa che non sia il mero impegno o, al limite, la capacità di resistere per portare a casa un pareggio striminzito o una vittoria di rapina. Forse l’ultima era stata la sfortunata sfida col Napoli a settembre. Ma non arriva ancora l’Olè della vittoria, e per la terza partita di fila in casa la genuina gioia di urlare “Gol” resta inesplosa tra la gola dei tifosi. Ma quella che pure resta, e ravvivata, è la speranza che non muore proprio mai. Forse è stato il suo stesso arrivo a dare la scossa, forse la grinta che, almeno davanti alle telecamere, è sembrata mancare alla Star Globale Shevchenko, ma l’illustre sconosciuto Blessin ha riacceso una lampadina tra Villa Rostan e Pegli, e anche un dolce tormento; forse non sarà B per forza, forse c’è tempo per l’ennesimo recupero in extremis. Ha spiegato, in inglese, il quarto mister in stagione:

«Abbiamo 15 partite da giocare, ci credo. Ci sono ancora tanti punti da conquistare e l’importante è che la squadra creda in sé. Ora non dobbiamo dire che è stata una partita spettacolare. È stata buona, questa è la direzione giusta. Continuiamo a lavorare durante la pausa con la stessa intensità e la stessa mentalità. C’è ancora molto lavoro da fare e la strada è lunga. Lo stile che abbiamo dimostrato oggi è quello che desidero che metta in campo la squadra. Il tema è quello che avete visto oggi, ovvero che la squadra non difenda soltanto ma ma difenda in avanti»

Ha poi voluto omaggiare l’accoglienza che gli è stata riservata nonostante la situazione difficile: «Toccava a noi far scoccare la scintilla col pubblico e così è stato. Una cosa importante»

Il resoconto dell’esordio col Genoa di Blessin

Il tecnico di Stoccarda si presenta con un misto tra il 4-2-3-1 e il 4-3-3, con Portanova tra le linee a dare ora supporto alle punte e ora al centrocampo del duo Badelj-Sturaro, Ekuban e Yeboah schierati come simil ali, Destro Centravanti, Hefti e Vazquez sulle fasce, Vanheusden e Bani stopper centrali, un misto tra l’undici che ha tenuto testa al Milan a San Siro e quello che è affondato sulle sponde dell’Arno contro la Fiorentina.

L’Udinese risponde con un più ordinato 3-5-2: Davanti a Silvestri, Becao, Nuytinck, Perez; sulle fasce il pericoloso e Soppy, che proprio all’ultimo prende il posto del dolorante Udogie, mentre il vibrante Malengo si attesta nel cuore della mediana centrocampo e la coppia Deulofeu-Beto in quella dell’attacco.

Il Grifo, forse galvanizzato dai tifosi che sembrano voler dare fiducia illimitata alla 777 & Partners nonostante le tumultuose scelte in sede di mercato e direzione tecnica, parte fortissimo e allo stesso tempo male: al 3’ su angolo di Portanova, sponda di Hefti per Ekuban che centra la porta, Silvestri para, Yeboah prova a insaccare da due passi ma il numero uno bianconero neutralizza di nuovo. Rossoblù subito a un passo dal vantaggio ma in definitiva, per sfortuna o mancanza di cinismo, sono incapaci di concretizzare.

Il primo quarto d’ora vede un Genoa arrembante nonostante i limiti tecnici, più fresco atleticamente rispetto alle ultime uscite, e più libero di testa, capace di costringere l’Udinese sulla difensiva.

Al 16’ ancora Yeboah sciupa la prima vera imperdonabile occasionissima: Sturaro, con la fascia da capitano al braccio e fenomenale negli scatti sul breve al contrario del fantasma torturato dalle maglie Viola a Firenze, crossa basso, delicato -o forse fortunato- velo di Destro che lascia l’azzurrino solissimo davanti al portiere, di nuovo a due passi. Non conclude di prima, forse non aspettandosi che il pallone sarebbe scorso sino a lui, e stoppa male: Silvestri gli prende il tempo.

I friulani prendono le misure all’Undici di casa, che però si conferma scoppiettante e attento, così che le uniche reali occasioni ospiti non lo sono affatto, e si limitano a dei dribbling di Delofeu proprio in prossimità della mezz’ora e qualche cross nell’arco dei 90’ si cui Sirigu deve smanacciare. Il temibile Beto viene disinnescato senza troppi patemi.

Al 31’ l’azione migliore della partita, persino esaltante, salvo la conclusione: Ekuban, in grandisismo spolvero in questo gennaio rispetto al suo disastroso girone d’andata, a seguito di una percussione dirompente si allarga a sinistra, riceve e mette in mezzo, Yeboah con uno splendido tacco allunga al bacio per un Destro generoso ma inconcludente, che infatti all’impatto col pallone calcia con poca decisione, facendosi rimpallare.

Al 39’ un giallo un po’ severo per Sturaro per un intervento su Makengo e al 40’ uno ben più meritato proprio alla precedente vittima per aver arrestato Ekuban lanciato in contropiede con un fallo tattico, si va al riposo con una scivolata al volo di Vazquez quasi a fondo campo su un calcio di punizione di Portanova che dà l’illusione del gol.

La ripresa si apre con un evitabile pasticcio dell’arbitro Doveri: Makongo entra in scivolata su Ekuban, ci stava il secondo cartellino giallo invocato da tutti i rossoblù, tifosi compresi, si sarebbe anche potuto non dare, il giudice di gara opta per l’opzione che incattivisce la partita: fallo contro il Genoa, non si sa bene su che basi.

Il Grifo non si fa rovinare la verve dalla mancata espulsione e continua a cercare il gol dall’effetto salvifico. Al 55’ entra Cambiaso per Vazquez e subito dopo un Ekuban scatenato e ben inquadrato nel caotico triangolo costituito con Yeboah e Destro se ne parte via a centrocampo e prima di essere atterrato in modo falloso apre per Sturaro accorrente sulla sinistra, che se ne parte con un grandissimo strappo, appoggia per Portanova a rimorchio a sua volta che penetra in area, il figlio d’Arte vede la porta spalancarsi davanti a lui e calcia, ma manda a lato di poco, forse stremato dallo sprint, con due compagni liberi dall’altra parte. Non è proprio destino che il Genoa insacchi in questo match.

A conferma del corollario, oltre a un Destro che al 62’ non riesce a impattare bene nemmeno di testa, il suo punto di forte, su un bel cross di Sturaro dalla sinistra, nemmeno in fuorigioco arriva la gioia della rete, con Yeboah lanciato da Badelj che si fa murare da Sturaro e Portanova che a porta vuota ma da posizione scomoda spara alto. Caicedo va a sostituire proprio Destro al 67’. Nel frattempo Makongo, forte dell’impunità che gli concede Doveri, rischia ancora una volta il secondo giallo con una manata in faccia a Sturaro.

Gli animi si surriscaldano e i ragazzi di Blessin si sentono poco tutelati: al 73’ Arslan va ad attaccare briga con Portanova faccia a faccia e l’arbitro invece che sanzionare solamente il provocatore gli ammonisce entrambi. È forse questo clima di frustrazione a spingere Cambiaso a quella che è una gravissima parola di troppo al 78’: dopo un piazzato l’Udinese sta per partirsene in contropiede, l’enfant prodige in scivolata fallosa la ferma, l’arbitro estrae il giallo e subito dopo il rosso, quasi come se si fosse confuso col già ammonito Portanova. Genoa in 10 per gli ultimi 10’ più recupero.

Yeboah viene arretrato sin quasi alla linea di un Libero vecchio stile e dimostra grande senso di adattamento oltre che il Cuore di un Grifone, scacciando con feroce determinazione ogni pallone che viene avanzato sino all’area rossoblù, Calafiori viene immesso per Bani, mentre Portanova continua a sfiancarsi con generosità. In queste condizioni il Genoa se da un lato soffre, dall’altro sembra quasi sperare in una vittoria che sarebbe meritatissima.

E al 87’ c’è spazio per l’ultimo rimpianto e gli ultimissimi accidenti ai danni del Signor Doveri, che però, almeno i giocatori in campo, devono trattenere nell’animo per qualche minuto se non vogliono fare la fine di Cambiaso: su un cross Arslan spinge Vanheusden in area, forse le gambe si incrociano, Doveri non concede il penalty e gli addetti al Var non ritengono di richiamarlo.

Si va al triplice fischio e alla sosta con una sensazione che è decisamente peggiore che brutta, è speranzosa: questo Genoa, lavorando col nuovo allenatore in pace, con gli innesti giusti, e con un briciolo di fortuna in più, o perlomeno qualche quintale di sfortuna in meno, potrebbe anche farcela. Ah, quanto è liberatoria la rassegnazione! Ma questa schiavitù di speranza, è una schiavitù d’Amore, per quel Grifone che tanto fa sospirare. E che ogni tanto si fa pure applaudire.

Federico Burlando

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