Lo sguardo sorridente dei tifosi genoani è durato lo spazio di una giornata scarsa. Neppure il tempo di metabolizzare il pareggio inopinato con l’Atalanta che da Napoi è giunta una doccia gelata. Nulla è compromesso, per carità, ma al giro di boa cinque lunghezze da recuperare rispetto alla quart’ultima rappresentano un record negativo nell’era Preziosi. Gli inguaribili sostenitori del Joker sostengono che con lui ancora al timone la salvezza finale non sarebbe stata un problema, mentre con questi americani… Tesi ardita, al limite della provocazione, ma così recitano i precedenti, numerosissimi, di rimonte nel girone di ritorno e di immancabili approdi alla spiaggia agognata.
Quest’anno il quadro è assai più fosco. Imitando il mitico Modugno, potremmo cantare “Siamo rimasti in tre” (con riferimento a Salernitana e Cagliari), ma sarebbe un ritornello sgradito. E siccome abbinare le proprie speranze alle disavventure dei granata di Lotito (nel caso sempre improbabile di esclusione, i rossoblù guadagnerebbero tre punti su quasi tutta la concorrenza) e dei cugini doriani – oltreché di pessimo gusto – rischia di essere illusorio, non resta che confidare nei botti di un mercato doverosamente più a stelle che a strisce. In effetti gli americani stanno trattando nomi altisonanti e sono prontissimi ad affrontare spese impreviste pur di trasformare il Genoa attuale – meritevolissimo della terz’ultima piazza – in una formazione da mezza classifica, così da colmare il disavanzo attuale e, pur con affanno, tagliare il nastro della permanenza in serie A.
Di sicuro il Genoa attuale perderebbe da tutte le formazioni allestite da Preziosi nel massimo campionato, ma anche dalla squadra che prima della gara col Venezia aveva dominato la cadetteria. La rosa di Sheva è il combinato disposto tra calciatori anziani e in parabola discendente e nuovi acquisti rivelatisi fallimentari. Non uno deidei neo-genoani è parso avvicinabile a chi lo ha preceduto, vale a dire eccellenti individualità come Zappacosta, Strootman, Scamacca, Shomurodov e calciatori perlomeno presentabili come Pjaca e Zajc. Ballardini e forse anche l’ucraino hanno pur’essi contribuito allo sfacelo, ma la loro fetta di presunta responsabilità è infinitesimale rispetto a quella, enorme, di chi ha assemblato quest’organico.
Gli yankees hanno avallato gli ultimi innesti – giunti dopo la figuraccia di San Siro nell’esordio di campionato – ma i precedenti arrivi sono tutti farina del sacco di Preziosi, che ha insistito su elementi datati o reduci da gravi infortuni. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: squadra tecnicamente modesta e atleticamente impresentabile. In specie a centrocampo, non uno che corra, che abbia il cambio di passo, che si proponga al compagno. E non uno che salti l’uomo e tenti con successo il tiro da lontano.
In circa tre lustri di massimo campionato, non ricordiamo partite in cui i rossoblù abbiano trascorso mezze ore intere senza superare la metà campo, tutti raggrumati davanti al portiere e incapaci di mettere assieme due passaggi prima di perdere la palla.
Qui occorrono poderosi colpi d’ascia. Per evitare una pessima partenza della nuova, ambiziosa avventura è indispensabile una rivoluzione, che mieta decine di vittime e lasci all’allenatore solo una manciata di superstiti. I nomi? Capitan Criscito (ammesso che giochi sulla fascia sinistra e non come centrale), Cambiaso (la sola rivelazione positiva della stagione), Rovella, Vasquez. Neppure i vari Destro, Badelj, Sturaro e Sirigu sono sicurissimi di restare, figuriamoci quella marea di altri compagni che hanno reso chiaramente al di sotto delle aspettative.
Sheva ha chiesto rinforzi adatti alla 4-3-3, che resta il suo modulo prediletto, e sarà accontentato. In attacco occorrono tre volti nuovi (partendo da due ali in grado di buttarla dentro e creare superiorità numerica), a centrocampo ne servono due (in primis una mezz’ala che abbia falcata e tocco felice) e anche in retroguardia si avverte il bisogno di un ritocco. Sei uomini solo per l’undici titolare, e forse ci teniamo stretti.
L’ultima avvertenza riguarda l’entità della rosa. Il mister, per svolgere un lavoro proficuo, ha bisogno di non più di venti giocatori di affidamento, tecnico e fisico. Tocca al club procedere con l’accetta cedendo gli elementi in esubero o, perlomeno, farli allenare su terreni alternativi. D’altronde, la risalita sarà possibile solo se tutte le condizioni base verranno rispettate.
PIERLUIGI GAMBINO