Diego, la “pelota” ti ringrazia

Diego Maradona (Napoli) Vierchowod (Sampdoria). Football 23/9/1984. Credit: Colorsport

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Di Stefano, Pelé, Maradona, Ronaldo il fenomeno e Cristiano il portoghese, Messi… Quanti dibattiti e quanti sondaggi su chi sia stato il più grande nella storia del calcio, come cercare di stabilire chi sia stato il numero uno nella storia delle due ruote…
Coppi o Merckx? L’unica cosa che mi sento di scrivere è che sono felice di aver visto giocare dal vivo questi artisti della “pelota”, su Di Stefano ho tanti aneddoti che mi raccontò mio papà che è come se lo avessi visto giocare…

Erano gli anni ottanta, per noi nati alla fine degli anni cinquanta quel calcio era il massimo e cercavamo di scimmiottare sui prati polverosi di Genova e dintorni, al Morgavi, al Morteo, a Bogliasco, al Ligorna, quelle gesta che appartenevano ai fenomeni di quel periodo, agli stranieri che arrivarono nuovamente nel calcio italiano per renderlo il campionato più affascinante del mondo. Platini e Boniek, Francis e Brady, Peters e Van der Eycken, Souness e Cerezo, Falcao e Junior… ma poi arrivò lui, Diego, “El diez”, lui che era un argentino di Lanùs, periferia di Buenos Aires, che nell’estate del 1984 passò dal Barcellona al Napoli e la città divenne subito sua e lui divenne un tutt’uno con una delle città più contradditorie del mondo , dove si sentiva a casa.

Ricordo i commenti dopo la sua prima in Italia, si giocava a Verona ed i gialloblù di Bagnoli che a fine stagione vinsero uno scudetto incredibile , trascinati da Elkjaer e Briegel, triturarono gli azzurri, con il tedescone che giocò in marcatura sul Pibe e andò anche a segnare la rete del definitivo trionfo. La domenica quando non eravamo a giocare sui nostri polverosi campi avevamo il piacere e la gioia di andare alla partita, la mia prima volta di Maradona dal vivo fu un anonimo pareggio in bianco di inizio 1985, in una fredda giornata di tramontana, in uno di quei pomeriggi in cui in gradinata Sud il vento che arrivava dal Righi ti gelava faccia, mani e piedi ed a fine partita ad un bel panino con la farinata a Borgo Incrociati non avresti rinunciato per nulla al mondo. Era un Napoli ancora in costruzione, ricordo una vittoria per due a zero nell’unica partita in cui Pino Lorenzo si ricordò di essere un centravanti strapagato da Mantovani e con Mancini confezionarono un pomeriggio di quelli da ricordare, con Diego ancora una volta ingabbiato.

Ma poi arrivò anche il primo gol di Diego visto dal vivo, era la stagione 1986-87, dopo le reti di Caffarelli e di Vialli su rigore arrivò il tocco decisivo dal dischetto del numero dieci, con quelle belle maglie bianche con lo sponsor Buitoni sul petto, ed il duello con Vierchowod, che Maradona chiamava Hulk e che considerava il difensore più forte, duro ma leale che gli fosse mai capitato di incontrare. E poi come dimenticare quella puntata al novantesimo di una partita incredibile, giocata sotto la pioggia incessante nel mezzo Ferraris ridotto ad un pantano, lui che beffa Bistazzoni sotto la traversa e va a festeggiare pazzo di gioia, tuffandosi nel fango vicino alla bandierina sotto la Sud, allo stesso modo in cui qualche anno prima gioiva nei campetti acquitrinosi di Lanus….

Maradona, che in quegli anni fantastici Paolo Mantovani cercò di strappare a Ferlaino, con un’offerta che non si poteva rifiutare ma cui l’ingegnere partenopeo disse no, perché temeva per la sua incolumità, il “Pibe”, che alla Samp segnò il primo gol italiano, nel settembre 1984, proprio la settimana successiva alla sconfitta di Verona, in un pareggio al S.Paolo, la sua prima davanti alla sua gente, su rigore, con uno scugnizzo di Cava dei Tirreni che vestiva il blucerchiato, Fausto Salsano, che pareggiò nella ripresa e che contro la Samp ha chiuso la sua carriera italiana, in una giornata del marzo 1991, in cui la squadra di Boskov pose un altro tassello fondamentale verso lo scudetto per un 4-1 finale in cui Diego dal dischetto realizzò il temporaneo 3-1…

Te ne sei andato lo stesso giorno di due personaggi ribelli come te, Fidel Castro e George Best, un altro che qualche anno prima, quando eravamo bambini, ci aveva fatti innamorare di questo gioco che ormai non è più tale da tempo ma che tu sapevi trasformare in gioia e bellezza anche davanti a centomila spettatori. Qualche tempo fa avevi detto che sulla tua lapide avresti voluto scritto “Gracias alla pelota”: è la pelota che ti ringrazia per essere stata la fedelissima compagna del sinistro più straordinario ed educato mai apparso su un rettangolo verde.

Marco Ferrera

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