Pari e patta, secondo giustizia, in un derby ruvido, aspro, estremamente combattuto, in cui l’agonismo ha stracciato la tecnica. Equo verdetto in una contesa più equilibrata di quanto il divario in classifica lasciasse supporre: a conferma che la stracittadina azzera tutto. A ben vedere, nessuna delle due formazioni avrebbe meritato di perdere ma neppure di vincere: ci hanno provato entrambe, in modI e momenti differenti, ma per lunghi tratti con una prudenza eccessiva, quasi per rimarcare l’antica considerazione secondo cui i vantaggi per un’eventuale vittoria sono sempre inferiori ai danni di una sconfitta.
A chi restano negli occhi gli ultimi venti minuti, potrebbe sorgere l’idea di una Samp più vicina al bersaglio grosso. In effetti, la sola, autentica superiorità dei blucerchiata riguarda il parco riserve: quando Ranieri ha fatto accomodare Quagliarella, Ramirez (impalpabili ambedue) ed Ekdal (non troppo convincente), inserendo soprattutto Adrian Silva (subito padrone del centrocampo) e Keita (un palo timbrato ed un altro tiraccio cheha seriamente impegnato Perin), la partita è parsa squilibrata.
Nell’ora precedente va tuttavia rimarcato che il Grifo è apparso più pericoloso e tonico, con un briciolo di efficacia in più nei raddoppi, che hanno fruttato parecchi recuperi palla e altrettanti tentativi di contropiede, a volte fermati con falli puniti con l’ammonizione. La Samp, obbligata a “fare” la partita, si è spesso trovata a disagio, anche per la latitanza delle punte, nonostante un certo predominio sui corridoi esterni, dove Damsgaard e Augello a sinistra hanno rimarcato i limiti del genoano Biraschi e, sul fronte opposto, Jankto si è bellamente liberato di Criscito in occasione del vantaggio doriano, pur macchiato da una trattenuta iniziale di Tonelli su Pandev, non rilevata dall’incertissino arbitro La Penna.
La stracittadina passa così agli archivi con valutazioni contraddittorie. La Samp, anche per ammissione di Ranieri, non ha brillato per tre quarti di gara, ma il sontuoso ingresso di certi rincalzi di lusso lascia pensare che nel prossimo futuro si assisterà ad un proficuo cambio di gerarchie, sia a centrocampo, sia in avanti. Da rivedere, piuttosto, una coppia centrale difensiva non perfetta sul pari di Scamacca e spesso graziata dagli avanti genoani. Da sottolineare la conferma di Jankto come goleador: evidentemente, a destra sta trovando una nuova, felice dimensione.
In casa Genoa chiaramente il risultato è stato ben più gradito, anche considerando le premesse. E’ piaciuto comunque l’atteggiamento, al pari della disposizione tattica decisa da Maran, finalmente tornato al preferito 3-4-2-1 con abiura della difesa a tre. L’assenza di Zappacosta si è avvertita notevolmente, ma anche quella dell’altro esterno Pellegrini, inserito solo nel finale. Promossi i difensori centrali, bocciati i laterali, mentre a centrocampo vanno rimarcato il giudizioso e costante apporto di Lerager e Rovella, coadiuvati solo in parte da Badelj, sempre nel vivo del gioco ma assai impreciso negli appoggi. Dopo il boom in Coppa Italia, il terzo squillo consecutivo di Scamacca lascia pensare che almeno una bocca da fuoco – però spentosi nella ripresa – è stata reperita. Ne occorrono altre, tanto più che i centrocampisti, alternatisi in al limite o all’interno dell’area avversaria, hanno palesato scarsissima confidenza con il gol.
In definitiva il verdetto salomonico non ha creato sconquassi nei due clan. La Samp rallenta la marcia ma non si ferma e il Genoa, pur a piccoli passi, si mantiene un po’ sopra la zona baratro, con la speranza di sfruttare il recupero di mercoledì col Toro per approdare al porto della tranquillità.
Pierluigi Gambino