Genoa e Samp si spartiscono colpi, punti e onori nell’arena vuota

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Nonostante non ci potesse essere la magia dei cori e delle coreografie, fumogeni paracadutati nello stadio a inizio match a parte, non sono mancate le scintille a illuminare il Derby della Lanterna, due squadre elettriche e vibranti si sono fronteggiate come se sugli spalti vuoti ci fossero le rispettive gradinate a incitarle.

Maran e Ranieri si affidano alla qualità dei loro marchi d’identità: il 4-3-2-1 ancora poco testato dalla neo rosa rossoblù da un lato, il 4-4-2 delle migliori vittorie della scorsa e dell’attuale stagione dall’altro.

Battesimo del fuoco nel Derby della Lanterna per alcuni titolari del Grifone, tra i loro avversari invece a parte Damsgaard solo veterani in cerca di vendetta per l’1-2 dell’anno precedente, con Candreva, Adrien Silva e Keita Baldé armi dalla panchina.

Criscito, Goldaniga, Zapata e Biraschi di fronte a Perin, Lerager, Rovella e Badelj in mediana, Zajc e Pandev dietro Scamacca; Audero, Bereszinsky, Yoshida, Tonelli, Augello la retroguardia doriana, Thorsby ed Ekdal in mediana, Jankto a destra e Damsgaard a sinistra, Ramirez-Quagliarella tandem d’attacco.

Nonostante la desolante e inevitabile assenza di tifosi nessuno tira indietro gambe e polpacci sin dal primo minuto: Genoa a sorpresa tonico e pugnace, Samp grintosa ed effervescente, per 20 minuti è guerra di trincea a centrocampo, non si molla una zolla.

Il solo Pandev riesce a produrre qualcosa dai rapidi e brevi fraseggi ripetutamente interrotti da contrasti e falli con un diagonale dal limite a lato di poco, poi Ramirez al 20′ apre definitivamente le danze: da posizione defilata raccoglie una sponda di testa di Quagliarella e spara ma non riesce a tenere basso.

In capo a due minuti Jankto, in splendida forma, in contropiede si incunea a destra, supera Criscito accentrandosi, e da fuori area entra nella cineteca del Derby con un tiro a giro che sorprende Perin.

Il Genoa non si lascia abbattere, si innalza tosto con Zapata su corner e costringe Audero a una paratona: la capocciata del Colombiano sbatte sulla spalla di Thorsby e si indirizza sornione e maligna verso l’angolo della porta, ove vola il numero uno del Doria.

Ancora due minuti e c’è il pareggio del Genoa: cross morbido di Pandev, respinta corta della retroguardia Samp, appoggio di testa di Lerager per Scamacca: al limite del vertice dell’area controlla, si gira e batte fulmineo poco al di qua del vertice dell’area, Audero non trattiene.

Coi ritmi sale il nervosismo: scintille tra Lerager e Ramirez, interviene Keitá dalla panchina, ma alla fine l’arbitro non punisce nessuno. Prima della ripresa gli ultimi sussulti sono un appoggio di tacco di Scamacca per un tiro da fuori di Rovella e una palla sparata altissima da Thorsby di testa da centro area, trovato impreparato su un corner spiovente.

Parte forte la Samp nella ripresa con una percussione della destra, risponde Pandev al 50′ con una bella botta troppo centrale.

Le schermaglie proseguono ma il Grifone sembra perdere ritmo, Ranieri al 66’ butta dentro Keità per farlo ballare: intuizione corretta, diventa uno spiritello capace di infilarsi in ogni pertugio del muro di Maran, e al 71’ una sua stoccata sembra destinata a morire nell’angolino, Perin devia sul palo. Sulla respinta arriva Damsgaard che a porta sguarnita calcia clamorosamente fuori, il guardalinee lo salva parzialmente registrando un fuorigioco che probabilmente non c’era e che il Var quindi non verificherà mai.

Diventa una guerra totale, si butta dentro ogni energia e ogni uomo, anche gli ex congedati: Ranieri Adrien Silva e Candreva, Maran al 77’ rimpiazza capitan Criscito sofferente di crampi con Pellegrini, che, recuperato all’ultimissimo istante, entra zoppicando.

L’ultimo quarto d’oro è uno stillicidio per il Genoa: la Samp assalta all’arma bianca e ha sempre il pallone tra i piedi, macina tante piccole occasioni, sembra poter trovare il Golden Gol da un momento all’altro; eppure le poche volte che il Grifone riesce a stendere la testa in alto per respirare, sembra librarsi ad ali spiegate verso il colpo grosso: Pjaca, entrato al posto di Scamacca, cattura un pallone tra le linee e si avventura in dribbling sino al limite, poi sciupa tutto sbagliando un passaggio per Pandev invece che tirare; ci riprova in una situazione analoga ma da una posizione troppo centrale per impensierire Audero.

Pellegrini in scivolata muraglia Adrien Silva, Candreva su punizione calcia fuori di poco, i 22 in campo sempre più sulle ginocchia ma sempre meno disposti a inginocchiarsi, sino al sospirato triplice fischio.

Ambedue le fazioni hanno motivo di essere contente di com’è andata, nessuno di andare a fare i caroselli in strada: per una volta, è sicuramente meglio così per tutti.

Federico Burlando

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