La vittoria di Bergamo ha regalato al Genoa un week end di sollievo dopo le sei sconfitte consecutive, l’analisi è affidata a Pierluigi Gambino.
Sollievo, stupore, incredulità: ecco il cocktail di sentimenti che caratterizzano il popolo genoano dopo l’inopinato successo di Bergamo. I più ottimisti hanno già lanciato il proclama, confermando la mancanza di equilibrio che caratterizza da sempre la tifoseria rossoblù: <Battendo il Palermo e vincendo anche a Verona, saliremmo a metà classifica e chissà che…>. Gli scettici (rosso)blu invece si chiedono ancora se sia vera gloria quella di domenica scorsa o se l’atteggiamento passivo dell’Atalanta abbia inciso più dell’autonomo risveglio di Burdisso e compagni.
Come sempre, la verità sta nel mezzo. Le prossime due gare sono effettivamente alla portata ammesso che non le si consideri già archiviate coi sei punti, come formalità assolute. Sull’altro fronte, pensare che il Grifo avrebbe maramaldeggiato alla distanza anche contro rivali più ferrati degli arrendevoli orobici è una forzatura intellettuale.
Indubbio che i tre punti appena incamerati moltiplichino la fiducia in un gruppo abbattuto moralmente e ormai privo d autostima, così come è indubitabile che la metamorfosi tattica e mentale caldeggiata da Gasperini abbia sortito immediati frutti. Dopo mesi di applausi e sconfitte, con il tecnico sempre proteso a sottolineare più i meriti suoi e dei suoi ragazzi più che gli errori commessi, era fondamentale e improrogabile un sano tuffo nel realismo, nella concretezza, nella sostanza. Le scelte di Bergamo sono state la proiezione di questa svolta: difesa super protetta, nessuno sbilanciamento in avanti, estrema prudenza a costo di pagare in fatto di estetica e di pericolosità offensiva. Per un’ora il Genoa è stato tra i più brutti e i più efficaci della stagione: ciò che contava nell’emergenza di classifica. Poi il parziale ritorno al passato, indotto dalla pochezza disarmante dei nerazzurri: non un’offensiva spregiudicata ma un cambio di velocità per sfruttare gli spazi e cercare il successo pieno. Impresa riuscita alla perfezione.
Gasp si è sconfessato mostrando intelligenza e praticità. Tra le mosse decisive si annoverano il rilancio di Capel, l’inattesa conferma di Dzemaili (sfortunato ma anche deludente nel derby) e soprattutto l’innesto di Tachtsidis nella zona nevralgica: a conferma che a centrocampo occorrono muscoli, spirito di sacrificio, ma anche fosforo e qualità tecniche e che il greco, senza essere Platini, può rivelarsi utilissimo in certi frangenti.
Genoa ormai guarito? Speriamo che non la pensi così il presidente Preziosi: guai se, dopo l’exploit allo stadio Atleti Azzurri d’Italia, la ricerca di rinforzi fosse meno convinta e decisa. Servono come il pane un esterno destro (Gilberto, accantonato alla Fiorentina, il nome dell’ultima ora), possibilmente un mancino di centrocampo (Laxalt non può cantare e portare la croce sino a metà maggio) e un alter ego per Pavoletti. Pepito Rossi stuzzica la fantasia: potrebbe sostituire all’occorrenza il bomber titolare ed anche affiancarvisi previo cambio di modulo. Resta però la necessità di riflessione riguardo a salute fisica e autonomia atletica.
Quanto alla vicenda Perotti, chiaro che giocatore (attirato dalla sirena giallorossa o, in subordine, rossonera) e Joker (stuzzicato dalla contropartita, parziale o totale, in denaro) spingono per l’addio, ma il probabile arrivo in cambio di Cerci non entusiasma proprio, sia per ragioni caratteriali (è giocatore balzano e scarsamente disciplinato), sia tattiche (parte da destra per accentrarsi, proprio come Suso). Personaggi del genere difficilmente convivono con Gasperini, tutt’altro che accomodante e comprensivo: e questo Genoa, tuttora più vicino al baratro che al porto della tranquillità, non può permettersi altri salti nel buio.
PIERLUIGI GAMBINO